Descrizione
Ha chiuso l’ambulatorio ed è scomparsa, lasciandole senza medico curante. Le quattro amiche, prossime alla pensione, scelgono di ritrovarsi per tentare di capire che ne sia stato di Bianca: negli anni ‘70 avevano condiviso l’appartamento durante il corso di laurea in medicina, poi ciascuna aveva imboccato la propria strada. Tra i loro percorsi, quello di Pia è solo apparentemente quello più accidentato. Il romanzo si compone su differenti voci di donne che raccontano il loro tentativo di lavorare e vivere senza rinunciare a sé anche attraverso situazioni e incontri accidentali che diventano chiave di riflessione nel tempo. Il rapporto con il potere maschile fuori e dentro casa: un potere da rivendicare o da mettere in crisi in modo radicale? In una baita in montagna, infine, si ritrovano nel tentativo di ricucire le loro vite contorte attorno alla domanda: è questo che volevo?
Esther_admin –
Recensione di Carlo Simoni su:
https://www.secondorizzonte.it/2024/10/04/bilanci-esistenziali-fra-pubblico-e-privato/?doing_wp_cron=1731327098.5046730041503906250000#more-9471
Esther_admin –
Ecco, l’ho finito e siccome anch’io scrivo più volentieri di quanto parli, sfrutto l’indirizzo mail. In queste cinque storie si legge una sola storia, riflessa pur nelle strade separate e negli esiti diversi: sfaccettature e sfumature che si ricompongono, destini di vita paralleli e, in oltraggio alla geometria, divergenti e di nuovo convergenti. Non è senz’altro quello che volevano, Bianca, Antonia, Odilia, Pia e Ester, ma è ciò su cui hanno saputo innestare le loro azioni e tracciare una linea che non è un bilancio, ma un riconoscimento, una rivendicazione di identità, rispetto alla famiglia d’origine, ai partner, ai figli, poli di interesse e di influenza che si riflettono sulle vite di ciascuna e vengono scandagliati e messi al loro posto. Ho perso recentemente una carissima amica, una di quelle che ti fanno pensare: «Questo lo potrei dire solo a lei» e conosco il vuoto dell’assenza, che ti sorprende con la consapevolezza che «certi giorni, s’invecchia di colpo, come se si passasse un segno sulla linea del tempo. E allora, buonanotte, i giochi sono fatti». Le nostre vite sono state molto diverse, ma senza alcun silenzio, mai: in fondo, queste cinque amiche non smettono di parlarsi.
Nel mondo che ci circonda, travolto da guerre e iniquità, non possiamo dire che è questo che volevamo, ma forse, possiamo dire che abbiamo cercato di opporci e, alla fine, guardandoci allo specchio, ci riconosciamo. Non è poco, un po’ dell’anima l’abbiamo salvata.
Sono sicura che Rufus abbaia, non ulula: richiama, non geme, c’è ancora un orizzonte per Bianca, Ester, Odilia, Pia, Antonia, fosse anche solo il ricordo, c’è ancora un orizzonte per tutte e tutti, noi, una baita dove tornare.
Grazie, è un bellissimo regalo, quello che ci hai fatto.
Maria
Esther_admin –
Cara Grazia
il tuo libro mi accompagna in questo viaggio in Giappone, ora in solitaria.
L’avevo già letto a casa, in Italia. Letto d’un fiato, mi aveva tenuto sospesa dall’inizio alla fine. Mi avevano intrigato le tue trame, storie di donne dove ti ritrovo, mi ritrovo e intravedo altre che ho incontrato nel mio percorso. Storie dritte, senza ritrosia e coperture dove dicono e anche là dove non dicono, dove la parola resta indietro, lasciano intendere.
Storie di amiche, di madri, di figlie, ma anche di padri, di fratelli nei loro passaggi dall’infanzia all’adolescenza, alla giovinezza fino all’età “adulta” e alla vecchiaia. Storie di vita vissuta nelle sue articolate pieghe e sfaccettature, quali esse siano, esaltanti o tragiche: di vita nei suoi inciampi e passaggi, approdi e ripartenze. Storie a testimonianza, sociale e politica, di un’epoca che è stata ed è anche la mia.
Portare il libro con me in questo viaggio ha significato rileggerlo con più calma, concedermi il tempo di entrare più a fondo in ciò che racconti tanto che, a differenza della prima lettura, la tua figura, quella dell’autrice, l’amica reale che l’ha scritto, è scivolata sul fondo, lasciando prevalere le storie, come se avessero una vita loro, come se, una volta generate, le storie potessero stare in piedi da sole e prendessero una loro via nell’incontro con chi legge.
L’ho trovata per me una esperienza inedita perché nella lettura di testi scritti da autori e autrici che conoscevo personalmente, la loro presenza difficilmente veniva meno. Non che fosse disturbante, però era lì. Mi portava a cercare di cogliere passaggi di esperienza per distinguerla dalle invenzioni narrative. Non che tu, nelle diverse storie non sia riconoscibile anzi, la tua esperienza trapela forte e chiara. Ma l’invenzione narrativa sta in piedi da sé. Tu ci sei, ma non ci sei. Non sono esperta di critica letteraria o analisi dei testi, ma trovo questo, un pregio della tua scrittura.
Di questa, della via letteraria che hai scelto, mi ha colpito la capacità mirabile di scavare a fondo su sentimenti e stati d’animo, di entrare nei meandri della dimensione umana nei suoi aspetti
“buoni” o “cattivi”. Soprattuto la capacità di nominare il negativo, cosa che nella mia esperienza autobiografica, raramente mi sono concessa.
Ne esce una passione intensa, di scavo nella dimensione umana, un ambito in cui ti avventuri con l’attenzione e con la precisone di un bisturi, illuminandola e facendocela vedere nei suoi aspetti, anche quelli difficilmente confessabili. In questo lo trovo un libro coscienzioso e molto sincero. Inoltre, rileggerlo, mi ha permesso di soffermarmi sulle tante domande che poni e, in particolare, sulle tante immagini che trapelano dal testo; immagini che, come già ti avevo accennato, nascono da frasi che ho trovato molto poetiche. Di queste ne ho fatto man bassa e ho scritte nero su bianco nel quaderno che porto con me. Mi sono sentita come le pescatrici di perle di Ise, incontrate in una delle mie tappe. Donne anche molto anziane, di grande forza e coraggio che, per tuffarsi in profondità, hanno imparato un ritmo diverso del respiro, sviluppando una diversa capacità di resistenza. Questa è stata possibile grazie ad alcune caratteristiche del corpo femminile e viene esercitata da ben 2000 anni consentendo a più generazioni di donne di essere indipendenti.
Una capacità di resistenza diversa, ecco, in virtù del corpo che siamo, forse è questa che tiene in vita una donna nelle difficoltà che incontra. Una resistenza che si impara ad esercitare pagandone il prezzo in pazienza, tristezza e solitudine. Annaspando alla ricerca di appigli, di vie di uscita possibili per sé e perché chi ci sta accanto non debba soffrirne. Per non soccombere. Per mantenerci vigili, lucide e agili e, nelle diverse situazioni, per stare in piedi e poter fare un timido paso in avanti. Con grande forza, tutta quella necessaria, che nasce nei rapporti fra donne come ci ha insegnato il femminismo.
Le storie che racconti sono una storia corale, quella di donne che attraverso tanti diversi rivoli perseguiti dall’umanità femminile sono confluite nel mare della libertà e ne hanno potuto, possono farne esperienza. Che non è stata e non una passeggiata!
Grazie di averla scritta, grazie della fatica che hai affrontato che sono sicura, ti ha fatto bene, e che nello stesso tempo fa bene a “tutte” noi.
E grazie anche ad Andrea per quel click che ha inviato all’editore, senza il quale sarei stata privata dell’esperienza che il tuo libro mi consente di fare, continuando, come le pescatrici di perle, a raccogliere fra le sue frasi le mie perle. Ne ho tante ora, lì nel cesto, e ogni tanto, a giorni alterni, ne pesco qualcuna per sfoggiarla mentre cerco di lasciare tracce del mio passaggio.
Grazie. A presto. Ori